Giovanna Garbuio

Il male è generato dall’ignoranza secondo Socrate. Chi fa il male lo fa per ignoranza del bene.  

Fare filosofia: il male è generato dall’ignoranza

Il male è generato dall'ignoranza
Il male è generato dall’ignoranza

Ognuno fa ciò che può con quello che ha (o meglio che è). Il male è generato dall’ignoranza del bene e del meccanismo che dà origine alla vita, secondo Socrate.

La virtù, non è considerata da Socrate un dono gratuito, ma una conquista faticosa, in quanto l’essere uomini è il frutto di un’arte che è la più difficile di tutte.   Per essere uomini nel modo migliore, è necessario “fare filosofia” nel senso più ampio del termine via che permette di superare l’ignoranza. E ciò rende necessaria una profonda riflessione sull’esistenza unica azione che ci conduce a comprendere che il male è generato dall’ignoranza.

Il concetto di bene e di giusto scaturiscono di volta in volta dal nostro lucido ragionare ci insegna Socrate. La vita quindi è come un’avventura della ragione. Da tale concezione scaturiscono i paradossi dell’etica socratica, secondo cui

  • Nessuno pecca volontariamente
  • Chi fa il male lo fa per ignoranza del bene

Da ciò ne deriva incontrovertibilmente che il male è generato dall’ignoranza. Con questo Socrate intende affermare che nessuno fa il male volontariamente, poiché nessuno lo compie coscientemente e quindi sapendo realmente di farlo. Perciò con questo dissolviamo anche il concetto tradizionale di peccato e di colpevolezza.

Chi opera il male è colui che ignora quale sia il vero bene. Quindi chi fa il male lo fa per ignoranza del bene ci suggerisce Socrate.

Tutti gli uomini, infatti, agiscono per il proprio bene, er quello che ritengono il proprio bene, per quello che riescono a riconoscere come il proprio bene: se un vizio viene scambiato per un bene, ciò è imputabile all’ ignoranza, che non sa cogliere al di là del piacere momentaneo e comunque apparente, il futuro patimento.  Dunque non è generato dalla volontà di compiere un’azione disfunzionale afferma Socrate.

Testo liberamente tratto e integrato da: www.skuola.net/tesine/13248-tesina-da-stampare.doc    

La morale di Socrate: il male è generato dall’ignoranza

La tesi-chiave della morale di Socrate è la virtù come ricerca e scienza. Per virtù (aretè) i Greci intendevano, in generale, il modo di essere ottimale [Vivere Pono] di qualcosa (ad esempio la virtù del ghepardo è la velocità, come quella del leone è la forza).

Riferito alla persona, il concetto di virtù di Socrate indica la maniera ottimale di esser uomo e quindi il modo migliore di comportarsi nella vita.   Tradizionalmente, la virtù veniva considerata come qualcosa di dato, ossia di garantito dalla nascita o dagli dèi. 

Socrate ritiene che la virtù (globalmente intesa come arte del ben vivere e del ben comportarsi) è sempre una forma di sapere. Ossia un prodotto della mente. Perciò chi non sa è chi fa il male e lo fa per ignoranza del bene.

Infatti, dal punto di vista socratico, per essere uomini nel modo migliore è indispensabile riflettere, cercare e ragionare: in una parola e indispensabile far filosofia nel senso più vasto del termine, ossia riflettere criticamente sull’esistenza, non accettare le tesi altrui senza averle vagliate, ragionate e sperimentate personalmente.

Bene e male

Tanto più che secondo Socrate non esistono il Bene e la Giustizia come entità metafisiche già costituite e quali metri cui commisurare le nostre azioni. Poiché il bene e il giusto sono valori umani che scaturiscono di volta in volta dal nostro lucido ragionare e quindi dalla ostra capacità di percezione, che in quanto umani non è mai completamente libera da filtri, da condizionamenti e da limiti.

Sul piano etico ciò che vale è prendere coscienza di sé, non agire perché così sta scritto o perché questo è il vero. Ma di volta in volta discendere agli inferi della propria coscienza, dialogare con sé (e con altri)”.

Sarà, appunto, da questo dibattito interiore, da questo stesso dialogo, da questo ragionare che, di volta in volta, scaturisce la comprensione del “bene“, di ciò che è da fare…   Dunque il male è generato dall’ignoranza.   E si badi che non si tratta del BENE ASSOLUTO, che di quello nessuno sa niente. Ma di un bene concreto, cioè di un bene che diviene tale di volta in volta. Tuttavia che domani può essere non bene.

In altri termini, il sapere di cui parla Socrate è, attraverso il ragionare cui accennavamo, sapere quando è bene fare questa o quella azione. [L’EFFICACIA E’ LA MISURA DELLA VERITA’].

Azione consapevole

L’azione dunque nella morale di Socrate diviene buona in quanto so che, ora, è bene farla. E lo stesso sapere non è un sapere che è già, che si può apprendere nei libri o dai maestri, ma è un sapere che scaturisce da quel ragionare e dallo sperimentarlo individualmente, non fidandosi o affidandosi al sentito dire, da dovunque esso provenga, nemmeo dal più autorevole dei maestri.

Scaturisce da quel rendersi consapevoli ragionando, dalla consapevolezza di se stessi. E l’aver coscienza di sé, conoscere sé è ad un tempo conoscenza dei propri limiti e, dunque, delle proprie possibilità.

La vita come avventura disciplinata dalla ragione: ecco il senso profondo del razionalismo morale di Socrate e della sua affermazione della virtù come scienza.   Dalla teoria della virtù come scienza Socrate deriva i paradossi, rimasti celebri nella storia del pensiero morale, secondo cui “nessuno pecca volontariamente” e “chi fa il male, lo fa per ignoranza del bene“. Con queste tesi, Socrate ha inteso dire che nessuno fa il male volontariamente in quanto nessuno lo compie scientemente, ossia sapendo veramente di farlo. Poiché chi opera il male è semplicemente un individuo che ignora quale sia il vero bene secondo il pensiero di Socrate.

Chi agisce fa sempre ciò che per lui è meglio

Infatti chi agisce fa sempre ciò che per lui è bene.   Di conseguenza, se scambia ad esempio un vizio o un’intemperanza per un bene, ciò è dovuto alla sua ignoranza, che non sa cogliere, al di là di un’apparenza momentanea di piacere, la futura realtà di patimento.

Un altro paradosso del socratismo, almeno nei confronti della mentalità greca contemporanea, è la massima secondo cui è preferibile subire il male che commetterlo. Questo principio, che è sembrato di sapore pre-cristiano, si connette in realtà al “Vangelo laico” di Socrate, basato sulla convinzione che solo la virtù e la giustizia rendono l’uomo felice, mentre l’immoralità e l’ingiustizia gli portano solo, alla lunga, bruttura e infelicità.    

Liberamente tratto da: http://web.tiscali.it/sofista/appunti/socrate2.htm

Vedo ciò che posso

In conclusione dunque ci insegna Socrate nessuno vede ciò che “vuole” vedere, ma ognuno vede solo ciò che può vedere, in base del livello evolutivo in cui si trova.

Ognuno di noi vede fuori precisamente quello che ha dentro. Ed è tutto ciò che può vedere perchè è la sola cosa che è in grado di riconoscere.

In pratica se il nostro percorso non ci ha condotto a comprendere come funziona il meccanismo, ci ritroviamo ingabbiati in una situazione in cui attribuiamo all’esterno la responsabilità di quello accade, e ci convinciamo che sia essa a determinare un effetto su di noi, indipendnetemente da noi.

Siamo in balia dei capricci del fato (o per i più “evoluti” del Karma). Ci trasmette Socrate che siamo lontani mille miglia dalla consapevolezza che ciò che accade ha tutte le sue premesse dentro di noi e l’esterno gli risponde a seconda di come noi risuoniamo.

L’Uomo non è cattivo, è solo infelice. Ed è la sua piccola mente la causa di ogni infelicità.

Giordano Bruno

Il male è generato dall’ignoranza

Giovanna Garbuio

Mi chiamo Giovanna Garbuio non mi piace definirmi, ma se proprio lo devo fare direi che sono una libera pensatrice. Sono inciampata nel 2008 su ho'oponopono e l'ho subito identificato come la via per lasciar andare tutte le domande! Sono stata la prima a scrivere qualcosa di strutturato su Ho'oponopono in Italia.  Sono entrata in contatto con la cultura Hawaiana dunque, quando ancora in italiano non c'era letteratura e quella poca che c'era era per lo più fuori stampa e quindi non più disponibile.

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  1. Dipende.Chi presta aiuto in lazzaretto di malati di peste(di manzoniana memoria) e diventa involontariamente veicolo della malattia trasmettendola a persone sane è un es di amore senza conoscenza in cui si fa effettivamente il male per ignoranza.Se ci sono interessi che inevitabilmente contrastano fra due o più concorrenti come tra persone,gruppi di persone, la maggioranza e minoranze all’interno di uno Stato o fra Stati sono spesso rapporti di forza a decidere(quello che é bene per l’uno é male per l’altro) e non i risultati di ricerca razionale avente come obiettivo una conoscenza che, ammesso che si raggiunga, a un esame imparziale sarebbe dai contendenti riconosciuta come giusta e quindi come bene (il giusto e il bene verrebbero a coincidere).La variabilità di comportamenti mostra poi come il bene/male sia cultura-dipendente.Stabilire se il cannibalismo,i sacrifici umani,la faida il delitto d’onore ecc é bene o male é qualcosa che in quella determinata cultura, non si può misurare con il metro della razionalità e quindi l’approccio socratico non aiuta in questi casi.Come é complicato in casi di gravi malattie stabilire se o quando dire la verità alla persona soprattutto se si ha l’impressione che non lo vuole sapere o in casi di eutanasia dove la sola razionalità non é sufficiente per decidere.Fatte queste riflessioni mi pare che la tesi di Socrate anche distanza e con l’esperienza di 2500 anni sia troppo ottimistica,vuoi perché l’uomo si comporta in base agli interessi in gioco e qui l’etica é la legge del più forte o come negli ultimi es citati è obiettivamente difficile se non impossibile stabilire con la sola ragione un confine netto tra il bene e il male
    Ringrazio e cordiali saluti

    1. Carissimo Bernardino, grazie per il tuo profondo spunto di riflessione. Ma qui stiamo ragionando (io e te) partendo da due livelli di approccio alla realtà diversi. Il tuo è un approccio di tipo oggettivo e tu parli di ignoranza intesa come non conoscenza o come errata previsione delle conseguenze più ampie delle proprie azioni. Io (e anche il ragionamento di Socrate a cui faccio rifeimento) parto da un approccio olistico e intendo ignoranza come non conoscere il funzionamento intrinseco dell’evoluzione che si muove in totale e indivisibile connessione tra tutto. Perciò ingnoranza significa non sapere che se faccio del “male” (male inteso come generare una disarmonia che provoca sofferenza, perchè come giustamente dici tu non c’è quelcosa di giusto o sbagliato in valore assoluto) a qualcuno (dove la mia ignoranza appunto mi limita a vedere solo il vantaggio immediato che ne ricavo io come individuo separato e sconnesso dal Tutto) faccio del male a me… non solo perchè energeticamente tutto ciò che faccio mi ritorna, ma anche e soprattutto perchè se genero uno squilibrio in qualunque parte del Tutto squilibrio anche me che sono olograficamente il Tutto (Tutto è Uno, Uno è Tutto).

  2. Cara Signora Giovanna
    Ho visto il tuo commento,provo ancora una volta a mettere a fuoco il mio punto di vista sulla questione,cercherò di essere breve

    Per Socrate la conoscenza del bene tramite l’intelletto determina l’essere virtuosi quindi felici.Per cui se faccio il male a qualcuno lo faccio anche a me(mi provoca infelicità).La conoscenza del bene é quindi un problema che si risolve razionalmente come risolvere una problema di matematica o di logica.Il bene diventa quindi qualcosa di oggettivo e assoluto(il risultato di un lavoro intellettuale) e il male può essere dovuto solo all’ignoranza(incapacità intellettuale).È quello che viene chiamato l’intellettualismo etico.Curioso che chi fa del “so di non sapere” il suo motto in etica sa.
    È applicabile questo metodo per valutare il comportamento umano nella realtà del mondo? Gli es che ho portato nel mio primo commento dimostrano mi pare a sufficienza che le cose sono ben più complicate.Il difetto della tesi socratica é che non comprende che nel comportamento umano c’è anche l’irrazionale.Non posso spiegare razionalmente perché chi fa sacrifici umani o chi pratica la faida é convinto di fare il bene.La voce della coscienza parla al cannibale in modo diverso da come parla a noi.Col solo aiuto dell’intelletto sono disarmato davanti a problemi etici in cui sono coinvolti(e lo sono spesso) le emozioni e i sentimenti.Quello socratico é a mio modo di vedere un modo di monco di leggere la realtà,non so quanti proseliti abbia avuto non mi stupirebbe se fossero pochi.
    La tesi olistica(da quello che mi dici) analogamente a quella socratica ritiene che fare il male(provocare sofferenza)sia dannoso non solo per chi lo subisce ma anche per chi lo fa perché mette in disequilibrio il Tutto quindi anche me che sono oligraficamente il Tutto.È in fondo una tesi utilitaristica,non faccio male agli altri perché così lo farei anche a me e tutti abbiamo da guadagnare.Si può fare il bene che a posteriori(col senno di poi, dopo un esercizio dell’intelletto che forse non mi riuscirà mai)risulta essere il male?E se non riuscirà mai il problema rimane e inondiamo il mondo di sofferenza senza saperlo.È la stessa cosa se si fa il male(si provoca sofferenza) involontariamente o inconsciamente o volontariamente?Tutti indistintamente(quelli che sbagliano)non si rendono conto che stanno facendo un errore (quindi tutti in buona fede fanno il male senza sapere che é male)tutti hanno diritto all’assoluzione perché non colpevoli?I crimini più efferati non meritano punizione perché chi li fa sta sbagliando senza sapere di sbagliare?Difficile da accettare vuol dire azzerare la responsabilità dell’individuo (la religione cattolica é meno ottimistica sulla natura dell’uomo concede il perdono ma rimanda anche al giudizio finale).
    La penso come Kant che si é sentito in dovere ricorrere ai postulati della fede perché l’uomo é un legno troppo storto per seguire i dettami della morale universale(l’imperativo categorico).
    Conosco poco l’olismo come filosofia,mi sembra una posizione ragionevole e plausibile.Le conseguenze dell’operato dell’uomo a livello planetario sono sempre più evidenti e interconnesse e ci stiamo accorgendo sempre di più dell’effetto domino .Credo che però la strada da seguire sia quella di renderci conto delle nostre responsabilità(nel senso più ampio del termine)che diventano sempre più grandi e di agire di conseguenza piuttosto che quella del metodo socratico di cui abbiamo discusso.

    1. Bernardino non ci capiamo… e mi pare inevitabile parlando lingue diverse o meglio partendo da presupposti completamente diversi. Siamo d’accordo che la valutazione del bene e del male sono soggettivi. Chi fa il male per ignoranza del bene non per forza non lo conosce razionalmente… il discorso come dicevo è molto più ampio, se vogliamo ridurrlo alla razionalità per semplicità… ovviamente come dici tu non funziona, evidentemente perchè l’essere umano non è fatto di sola razionalità. La consapevolezza non si può limitare alla sola conoscenza razionale… Per me responsabilità e colpa sono due concetti molto diversi … io so che esiste la prima enon esiste la seconda e non vedo il bisogno di punire chicchessia. Sì c’è chi innonda il mondo di male senza rendersene conto o convinto di fare più bene a sè… Il punto è che il male oggettivo non esiste e se sappiamo che non esiste la morte e quindi nessuno corre alcun pericolo questo diventa evidente. Per il resto non ho intenzione di convincerla delle mie posizioni. Io so che sono corrette e lo sperimento quotidianamente. Se per lei le sue sono corrette e le hanno mostrato la strada per la gioia… benissimo per tutti! Le auguro ogni bene da qualunque punto di vista sinceramente!

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